AFFERRARE IL SERPENTE

Intraprendere un cammino spirituale, qualunque esso sia, implica andare verso se stessi. Aprire la porta, accendere la luce, scendere i gradini della scala che apre la visuale sulla cantina interna alla nostra abitazione è un processo alimentato dal fuoco della volontà di conoscersi, di viaggiare nel profondo rassettando e mettendo ordine dentro noi stessi.

Superato il timore iniziale, ci troveremo vinti dalla brama di portare fuori tutto, cambiare il colore delle pareti, modificare il pavimento perché non tolleriamo più quel ristagno interiore che ci obbliga ad una vita di insuccessi, incapacità di raggiungere gli obiettivi prefissati: illusione di dover ottenere per valere che un percorso interiore fa svanire come fumo. In una ulteriore fase, osserveremo, con attenzione, l’accozzaglia di cose accatastate all’esterno e con serena comprensione, acceso il lume della consapevolezza, riporteremo dentro ciò che è utile, lasciando andare quello che non lo è.
Il punto cruciale di quando si decide di attuare un processo di cambiamento è afferrare il serpente per il giusto verso, meglio lasciar perdere anziché prenderlo per quello sbagliato.
Avere contezza che il nostro nuovo orientamento non è uguale e neppure diverso al contesto che lo ha originato.
Per esemplificare possiamo pensare al bambino e all’adulto o al bruco e alla farfalla. Non vi è identità tra adulto e bambino ma neppure alienazione, ciò significa che il bimbo non è annichilito e nemmeno eterno.
Ciò che si origina in relazione ad un’altra cosa, non è identico ad essa e neanche avverso.

Gabriele Prigioni

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